Martha Fiennes

Martha Fiennes è una pluripremiata regista, scrittrice e artista. Il suo lavoro è ricco di stratificazioni e sempre più collegato agli sviluppi tecnologici nella pratica artistica contemporanea, pur rimanendo espressione creativa di una regista di gran talento.

 

Q.1 - Che tipo di device hai e come li usi?

"Ho un portatile Apple e un iPhone 8."

Q.2 - Essere efficienti richiede concentrazione. Quanto pensi di essere vulnerabile all'industria della distrazione?

"Non molto, soprattutto se per industria della distrazione si intende social media. Appartengo a quella generazione che non si è fatta il nome o costruita un brand sui social media. Già ci metto un sacco di tempo a far funzionare le cose nel lavoro, soprattutto considerando che mi occupo io del marketing e della distribuzione. Ma siamo tutti diversi e ognuno lavora in modo diverso e con diversi criteri di importanza, quindi boh! Di sicuro sono circospetta o perlomeno cauta sul valore degli scambi. Ho bisogno di progredire, o perlomeno cercare di farlo, ogni giorno, senza farmi sviare da comunicazioni inutili. Invece vengo ‘distratta’- o meglio sviata, dal numero enorme di email e messaggi che scorrono nella mia vita quotidiana. In generale sono collegate al lavoro, e quindi accettabili, ma la facilità della comunicazione fa sentire molti autorizzati a comunicare. Anche solo il fatto di riportare di continuo la palla dall'altra parte della rete, cioè di rispondere a chi ci si sente in dovere di rispondere, può far perdere   preziose ore della giornata."

Q.3 - Alcuni personaggi di spicco della Silicon Valley hanno reso pubblica la decisione di limitare i contatti dei loro figli con la tecnologia. Di recente Madonna ha dichiarato che dare ai figli più grandi il cellulare quando avevano tredici anni è stato un errore. Quali sono secondo te le differenze tra chi è diventato adulto prima degli smartphones e chi è cresciuto con loro? 

"So che nel corso dei secoli gli adulti si sono tormentati sempre per la “prossima novità” che avrebbe distratto e distrutto le nuove generazioni. Nel diciottesimo secolo, che aveva visto il crescente successo del “romanzo”, i genitori della borghesia si preoccupavano del fatto che i figli “tenessero sempre il naso in un libro” e non partecipassero “al mondo reale”. Oggi per noi sarebbe un sogno vedere i nostri figli presi dalla lettura di un libro. Poi nel ventesimo secolo è arrivata la TV, accompagnata dal tormento intellettuale dei bambini “imboccati” di banalità che non sviluppavano l'immaginazione. Quindi oggi non sorprende che ci sia un acceso dibattito sulle autostrade dell'informazione, smartphone/ portatili/tablet, ecc. Ma personalmente tendo a credere nell'intelligenza della razza umana, o perlomeno nella sua potenziale intelligenza. Penso che in ciascuno di noi ci sia un elemento, da qualche parte, che permette di “sapere” quando qualcosa non funziona o non ci è utile. Cioè, non siamo proprio degli idioti, giusto? La mia convinzione più positiva è sul cambiamento progressivo, cioè capire cosa ci serve a un certo livello ma non a un altro. Il romanzo è stato poi così devastante per i bambini del diciottesimo e diciannovesimo secolo? La televisione ha davvero privato della fantasia le generazioni del ventesimo secolo? Di certo non siamo così fragili e soprattutto è importante continuare a ricordarcene."


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