Guarda intorno, di Henrietta Thompson

Scrittrice, curatrice e editor-at-large di Wallpaper*, Henrietta Thompson ha scritto un interessante articolo per Punkt. intitolato ‘Guardiamoci intorno’. In questo breve saggio, Thompson indaga su quanto profondo è l'impatto delle tecnologie digitali pervasive sulla vita sociale, su come influenzano la nostra idea di privacy, il nostro approccio al multitasking, e infine, su come sono cambiate le nostre interazioni personali. In ‘Guardiamoci Intorno’ Petter Neby condivide la sua opinione su come mantenere delle buone abitudini che ci aiutino a rendere più equilibrata la nostra relazione con la tecnologia.
Guardiamoci intorno. Oggi, in qualsiasi spazio pubblico - che sia un treno, un bar, un concerto, una festa, o anche solo una strada trafficata - la scena è la stessa: tutti fissano i loro piccoli schermi. Contateli. Si fanno i selfie, guardano le mappe, scrivono messaggi o e-mail, e tante volte semplicemente fanno scorrere la schermata, controllano, leggono. Consumano e sono consumati da assaggi di informazioni e intrattenimento tradotti in bite. Anche se ormai non ce ne accorgiamo quasi (un po' perché è diventato normale, un po' perché siamo tutti assorbiti dai nostri dispositivi) se ci fermiamo un attimo a pensare che questa rivoluzione si è verificata nell’arco di pochi anni non possiamo che vederla come un fenomeno fantastico. E anche un po' spaventoso
Ma non siamo stupidi. Sappiamo come lo smartphone e i suoi cugini, il computer portatile e il tablet, hanno cambiato il modo in cui interagiamo tra di noi, il modo in cui accediamo alle informazioni e le salviamo, il modo in cui navighiamo nella vita. Sappiamo però che se anche i vantaggi sono innumerevoli, e infatti la pubblicità li sa sfruttare, è anche importante andarci piano con questo nuovo stato esistenziale del super connesso, con l’accesso istantaneo a qualsiasi cosa e la mentalità del sempre-acceso. Perlomeno siamo consapevoli che concentrandoci su questi piccoli schermi per così tanto tempo durante il giorno (e la notte), potremmo perderci qualcosa là fuori nel 'mondo reale', anche se non siamo sempre sicuri di cosa.
Siamo convinti che ci dovrebbe essere un galateo per smartphone, ma non esiste davvero un consenso su cosa sia esattamente. Ci piace l'idea di mettere tutti i cellulari al centro del tavolo a una cena - il primo a prendere il suo paga il conto – ma nella realtà nessuno vuole proporlo né farlo.
Quando controlliamo i social sotto il piumino, stiamo alimentando l'insonnia ormai epidemica, e lo sappiamo pure. Ci scandalizziamo se a un appuntamento romantico l'altro ci ignora per leggere "rapidamente" un messaggio, ma spesso lo facciamo anche noi. Se capitiamo davanti a uno splendido panorama, un piatto ben presentato, un'opera d'arte meravigliosa, la nostra prima reazione è scattare, condividere e contare i like. Incredibile quanto ci sentiamo perduti, come come la mano sembri vuota, se rimaniamo senza quell'oggetto, anche per poche ore. Dipendenza? A quanto pare sì - si è scoperto che i sintomi di astinenza da smartphone sono paragonabili a quelli di qualsiasi altra dipendenza. Ci sono nuovi nomi per nuove sindromi: “messaggi sonnambuli”, “vibrazioni fantasma”, "nomofobia" ovvero la paura di lasciare il cellulare a casa.
Sappiamo tutto, eppure continuiamo a fissare lo schermo, perché in ogni caso la tecnologia mobile è sicuramente un progresso senza eguali. La vita è più veloce, più piena - siamo più intelligenti, più popolari, abbiamo più possibilità che mai. È un compromesso: l'apocalisse dello zombie è la strada verso un futuro più brillante. Stiamo credendo a quel sogno.
Ma il sogno di chi? Perché se si tratta del sogno dei giganti della tecnologia è un incubo accompagnato da statistiche spaventose. Secondo un recente studio dell'Università di Derby il 13% di noi è dipendente in modo patologico, e l'utente medio passa almeno 3,6 ore al giorno sul proprio smartphone. I ricercatori hanno proposto che i device vengano accompagnati da un avviso sui rischi per la salute. Ma non sono solo i dispositivi a dare dipendenza, sono le applicazioni: tutti i programmi - da Twitter alle app per fare ginnastica, da Candy Crush ai filtri per le foto, sono progettati per attirarci e mantenerci agganciati.

Sappiamo anche questo, ma...
Il maggiore vantaggio della tecnologia mobile è che ci permette di guadagnare tempo con la possibilità di fare più cose in contemporanea. Se possiamo rispondere a qualche mail mentre torniamo a casa, avremo più tempo da dedicare alla nostra famiglia, se siamo più flessibili negli appuntamenti di lavoro la nostra vita privata sarà più ricca. Ma la realtà dimostra il contrario: è ormai scientificamente dimostrato che il multitasking compromette i nostri risultati lavorativi su tutta la linea - la capacità di concentrarsi senza distrazioni è la chiave della produttività oggi come in passato, e la stiamo perdendo. Forse facciamo più cose in meno tempo, ma le stiamo facendo peggio - sia che si tratti di preparare un report, presentare un progetto o fare i genitori.
E poi essere 'sempre accesi’ è stancante. Spesso ampliamo la nostra rete di conoscenze online ma diventiamo meno sociali nella vita reale. Siamo semplicemente troppo stanchi o nervosi, e quindi tendiamo a evitare la gente. È un circolo vizioso – se abbiamo meno energia per fare una bella chiacchierata dal vivo, è facile cercare rifugio online. La coppia nel ristorantino romantico è concentrata sui rispettivi cellulari? Sono semplicemente stanchi, ma questo non rende la scena meno triste. Sembra un'esagerazione dire che stiamo perdendo l'arte di fare conversazione e il piacere del contatto fisico, ma guardatevi intorno...
È facile respingere le critiche alla simbiosi con gli smartphone come problema generazionale. Chi ricorda ancora come eravamo prima del loro avvento, rimane spesso sconvolto da quando la vita sia cambiata, e i vecchi tempi sembrano sempre migliori.
Ma nel tentativo di essere diversi dai propri genitori, di tenere il passo con i figli, è stata proprio la Generazione X ad abbracciare la tecnologia con un entusiasmo incondizionato. Per la Generazione Y è tutta un'altra storia. La privacy è un tema caldo per chi è cresciuto con i dispositivi digitali. Vivendo in un'epoca in cui ogni a è condivisa, spesso vivono nell'ansia perenne di dover registrare tutta la propria vita.
Sherry Turkle è l'autrice di un libro affascinante e perspicace dal titolo "Insieme ma soli".
"L'esperienza di stare al computer o al cellulare sembra così privata che dimentichiamo facilmente la situazione reale: a ogni connessione, lasciamo una traccia elettronica”.
Per gli adolescenti di oggi la vita online è quella dove trovano affinità emotive, dove ottengono l'attenzione che desiderano. Ma senza privacy il confine dell'intimità si fa sempre più sfocato. I teenager incoraggiano la loro stessa sorveglianza, e lo stalking è un problema sempre più diffuso.
È interessante osservare il nostro atteggiamento nei riguardi delle nuove tecnologie – per esempio la paura nei confronti dell'Intelligenza Artificiale. Nel frattempo, i produttori di tecnologia mobile hanno investito con enorme successo nella creazione di un'interfaccia che troviamo così piacevole da non sentirci minacciati dai cambiamenti che si stanno verificando. Petter Neby di Punkt. sottolinea un concetto fondamentale quando dice che non è preoccupato tanto per l'Intelligenza Artificiale quanto dal fatto che gli umani, l'intelligenza reale, stiano diventando sempre più artificiali.
“Ogni volta che trascuriamo la vicinanza dei nostri simili, che sia il barista o una persona che superiamo portando a passeggio il cane, se smettiamo di parlare con loro diventiamo sempre più introversi e meno capaci di gestire informazioni che ci arrivano spontaneamente, non programmate. Non dovrebbe essere così. La nostra intelligenza, il nostro istinto, rappresentano il collante della società, e ora sono seriamente compromessi.”
Ma lo scenario non è tutto nero. Il detox digitale è sempre più apprezzato per i suoi enormi vantaggi sulla salute, il benessere e la produttività, e di conseguenza troviamo sempre più prodotti che ci aiutano a prendere delle pause. “Vari studi che mostrano i benefici di staccarti dall'ambiente multi-schermp, stanno incoraggiando gli utenti a 'spegnere' i dispositivi o i social per ore, a volte giorni”, dicono i ricercatori della JWT che studiano i trend del futuro. “Ci saranno sempre più datori di lavoro, scuole, genitori e organi di stampa che si faranno promotori del detox digitale. Queste pause consapevoli dagli input digitali serviranno a diminuire lo stress e aumentare la creatività.” Nel frattempo, l'industria dell'ospitalità ha avviato iniziative che mirano al detox, come aree dove non si può usare il cellulare, mentre esistono sempre più app e software che aiutano gli utenti a riprendere il controllo del proprio tempo libero disabilitando l'accesso a internet in orari stabiliti e in luoghi particolari. Visto che tutti cominciamo ad ammettere che a volte abbiamo bisogno di una pausa dalla tecnologia, troveremo o inventeremo nuovi strumenti che ci aiutino in questa impresa.
Se c'è qualcosa che abbiamo imparato dalla storia dell'umanità è di certo questo: a volte facciamo un uso eccessivo anche delle cose buone. L'equilibrio è la chiave di una vita piacevole, di un corpo e di una mente in salute. La tecnologia ci è utile, non il contrario. Quando abbiamo l'impressione che stia prendendo il controllo, con richieste di attenzione, interruzioni mentre stiamo parlando, vibrazioni continue nella borsa, è utile ricordare il potenziale e il potere infinito della mente e dello spirito umano. Ci aiuta a guardarci intorno.
Henrietta Thompson è editor-at-large della rivista Wallpaper* e ha una rubrica di design su The Telegraph Luxury. Scrive di architettura, arte e design per varie pubblicazioni in tutto il mondo. È autrice di cinque libri e le interessa il design che racchiude significati, più che quello puramente decorativo.



